Le finalità generali dello studio longitudinale
1) valutare la presenza e la dimensione dei disturbi delle funzioni mentali e cognitive (memoria, orientamento, capacità critica, funzioni esecutive) nei 70 – 75enni seguiti nel tempo: a questa età (70 – 75 anni) vi è un elevato rischio di ammalarsi di demenza, ma per la gran maggioranza delle persone i “giochi non sono fatti” e vi può essere spazio di prevenzione. Oggi i dati sulla reale presenza dei disturbi cognitivi sono molto variabili e diversi a seconda degli studi pubblicati ed è necessario un contributo anche da questo punto di vista;
2) definire se esiste e quali caratteristiche abbia una fase in cui la malattia è presente senza aver dato sintomi avvertiti nella vita di tutti i giorni, e come distinguerla dall’invecchiamento cerebrale normale. Sappiamo dagli studi sul cervello che la malattia inizia parecchi anni prima dei primi sintomi clinici. È possibile individuare questi soggetti e distinguerli da chi invecchia normalmente? Per rispondere a questa domanda è importante poter rivalutare a distanza le persone, seguirle nel tempo.
3) individuare i possibili fattori di rischio, clinici e biologici per la demenza, accanto ai fattori di protezione per un invecchiamento mentale di successo.Lo Studio InveCe.Ab riguarda la valutazione degli abbiatensi nati tra il 1935 e il 1939.
A quali domande intende rispondere lo studio
– Qual è la diffusione dei disturbi cognitivi e della demenza? In Italia la prevalenza della demenza fra gli ultra 65enni oscilla a seconda degli studi dal 5,9 al 12 %;
– Quale influenza hanno sulla comparsa della demenza i fattori legati alla storia degli individui e delle popolazioni? Il significato di molti di questi è incerto:
o il ruolo del genere maschile/femminile,
o l’importanza della vita lavorativa
o l’attività fisica
o le abitudini sociali, relazionali e alimentari.
– Quale ruolo hanno gli eventi stressanti della vita nella comparsa dei disturbi cognitivi?
– Vi sono dei test neuropsicologici che meglio di altri sono capaci di “predire” la demenza ?
– Vi sono assetti genetici individuabili come propri della malattia di Alzheimer e di altre Demenze?
– Vi sono “marcatori” biologico-chimici rilevabili con un esame del sangue?
– Vi sono nuovi marcatori di demenza ricavabili dallo studio dell’encefalo?
Una risposta anche parziale a queste domande permetterà di attuare dei programmi di prevenzione rivolti alla popolazione a rischio e di contribuire alla cura delle demenze.
Le finalità generali dello studio longitudinale
1) valutare la presenza e la dimensione dei disturbi delle funzioni mentali e cognitive (memoria, orientamento, capacità critica, funzioni esecutive) nei 70 – 75enni seguiti nel tempo: a questa età (70 – 75 anni) vi è un elevato rischio di ammalarsi di demenza, ma per la gran maggioranza delle persone i “giochi non sono fatti” e vi può essere spazio di prevenzione. Oggi i dati sulla reale presenza dei disturbi cognitivi sono molto variabili e diversi a seconda degli studi pubblicati ed è necessario un contributo anche da questo punto di vista;
2) definire se esiste e quali caratteristiche abbia una fase in cui la malattia è presente senza aver dato sintomi avvertiti nella vita di tutti i giorni, e come distinguerla dall’invecchiamento cerebrale normale. Sappiamo dagli studi sul cervello che la malattia inizia parecchi anni prima dei primi sintomi clinici. È possibile individuare questi soggetti e distinguerli da chi invecchia normalmente? Per rispondere a questa domanda è importante poter rivalutare a distanza le persone, seguirle nel tempo.
3) individuare i possibili fattori di rischio, clinici e biologici per la demenza, accanto ai fattori di protezione per un invecchiamento mentale di successo.Lo Studio InveCe.Ab riguarda la valutazione degli abbiatensi nati tra il 1935 e il 1939.
A quali domande intende rispondere lo studio
– Qual è la diffusione dei disturbi cognitivi e della demenza? In Italia la prevalenza della demenza fra gli ultra 65enni oscilla a seconda degli studi dal 5,9 al 12 %;
– Quale influenza hanno sulla comparsa della demenza i fattori legati alla storia degli individui e delle popolazioni? Il significato di molti di questi è incerto:
o il ruolo del genere maschile/femminile,
o l’importanza della vita lavorativa
o l’attività fisica
o le abitudini sociali, relazionali e alimentari.
– Quale ruolo hanno gli eventi stressanti della vita nella comparsa dei disturbi cognitivi?
– Vi sono dei test neuropsicologici che meglio di altri sono capaci di “predire” la demenza ?
– Vi sono assetti genetici individuabili come propri della malattia di Alzheimer e di altre Demenze?
– Vi sono “marcatori” biologico-chimici rilevabili con un esame del sangue?
– Vi sono nuovi marcatori di demenza ricavabili dallo studio dell’encefalo?
Una risposta anche parziale a queste domande permetterà di attuare dei programmi di prevenzione rivolti alla popolazione a rischio e di contribuire alla cura delle demenze.