Per la malattia di Alzheimer le aree cerebrali non sono tutte uguali e mostrano differenze che aiutano a rivelare i meccanismi della malattia: questo dice uno studio pubblicato su “International Journal of Molecular Sciences”.

Lo studio è stato condotto su cervelli umani confrontando le aree cerebrali dei malati di Alzheimer con quelle di individui senza la malattia. Sappiamo che la malattia nel cervello ha una sua specifica diffusione: sono prima interessate le aree temporali, mentre in un secondo momento vengono coinvolte le aree parietali, comprese aree vicine come il giro del cingolo e la substantia nigra. Ma cosa accade a queste aree quando la malattia avanza? È possibile osservare delle differenze molecolari tra un’area ed un’altra? Insomma, come si modifica nel tempo il cervello dei malati di Alzheimer? Per rispondere a questa domanda i ricercatori hanno usato una tecnica in grado di analizzare il “trascrittoma”, cioè l’insieme delle molecole, i trascritti appunto, che originano dal DNA e che vengono utilizzati dalle cellule per sintetizzare le proteine. Analizzando il trascrittoma di diverse aree cerebrali, è stato osservato che vi è una “firma molecolare” diversa fra aree precocemente e aree tardivamente interessate dalla malattia.

Nelle aree precocemente interessate, quindi con stadio di malattia più avanzato, i trascritti deregolati riguardavano proteine legate alla funzionalità sinaptica, ossia alla modalità usata dai neuroni per connettersi e comunicare tra loro. Nelle aree tardivamente interessate, quindi con stadio di malattia meno avanzato, i trascritti deregolati erano legati alla proteostasi, ossia l’equilibrio biologico di tutti quei processi che regolano la gestione delle proteine, dalla loro sintesi alla loro destinazione d’uso, passando per il loro riciclo in caso di proteine “difettose”.

Quanto riportato permette, quindi, di definire un’impronta molecolare e topografica della malattia di Alzheimer o, se vogliamo, di delineare una vera e propria mappa molecolare del decorso della malattia nel cervello. Si passa quindi da una dimensione spaziale ad una temporale per cui, nel corso del tempo, una iniziale perdita dell’equilibrio proteostatico porta ad un finale scompenso dei meccanismi legati al funzionamento delle sinapsi.

Per quanto si sia ancora ben lontani dalla completa comprensione dell’origine e del funzionamento della malattia di Alzheimer, questo studio permette di fare un ulteriore passo in avanti su questa strada, ponendo l’attenzione su nuovi e precoci meccanismi che potrebbero rivelarsi utili per lo sviluppo di terapie innovative.

Lo studio realizzato dalla Fondazione Golgi Cenci di Abbiategrasso ha ricevuto il sostegno di Fondazione Serpero ed è stato condotto utilizzando campioni derivanti dalla “Banca del Cervello” della stessa Fondazione Golgi Cenci.

Link all’articolo pubblicato: https://www.mdpi.com/1422-0067/25/20/11117

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